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Le ragioni dei ricchi e le necessità dei poveri

Ormai, non sappiamo pi? come dirlo, la vita di tutti i giorni sta diventando sempre pi? insostenibile! Presi dall?affanno di essere condannati a dovercela comunque fare, tutti gli sforzi quotidiani non servono a compensare l?impossibilit? di riuscirci. La mancanza di progettualit? non spaventa pi?, quantomeno non ? il timore precipuo, le prospettive sono sempre pi? caratterizzate da tempi brevi, fin troppo brevi e ci?, porta caducit?, incapacit? di riuscire a vedere al di l? dell?immediatezza. Tutto ci? si traduce in sopravvivenza, e quando i pi? hanno a che fare con la sopravvivenza, i pochi gioiscono e il loro scopo ? conseguito.
Nella fretta dell?affanno ci? che si perde ? la memoria e quanto pi? l?uomo ? afflitto dai problemi squallidi delle proprie economie, tanto meno sar? in grado di mantenere lucido il pensiero, la capacit? critica delle cose che vive.
La riflessione richiede tempo, calma, dedizione, lucidit?; si tratta di una astrazione che ? sempre pi? difficile mantenere in vita. La seduzione della semplicit?, dell?effimero, filtra continuamente e la perdita della memoria ? ci? che pregiudica la costruzione di un futuro dignitoso.
A quanti possono interpretare i pericoli di questo periodo buio in cui la mancanza d?identit? si vuole a tutti i costi affermare e la parte prosaica prevalere su quella poetica, tanto da diventare l?unico linguaggio possibile, ? indispensabile far presente che resistere ? un compito a tutt?oggi quanto mai imprescindibile.
Passare dalla costituzione di un partito ad un altro diventa naturale, vedere triplicare il proprio patrimonio, riuscire a mettere d?accordo i cosiddetti grandi del mondo sui loro stessi rapporti interpersonali, ? quanto meno ci si possa aspettare quando si vuol far a tutti i costi credere di essere straordinario, unico, ineccepibile. Mi riferisco alle strabilianti capacit? del nostro Presidente del Consiglio di rinnegare Forza Italia nel momento in cui perde e cercare a tutti i costi di sopravvivere politicamente attraverso la creazione del Partito Unico dal sapore di primo ventennio del secolo passato; oppure alle sue abilit? di mettere in povert? la maggior parte di noi italiani con una serie di leggi opportune a favore suo e dei pochi ricchi; e in ultimo alla sua comparsa nella Dacia di Putin a cena, nella commemorazione del sessantesimo anno della vittoria degli alleati contro il nazismo, e per fortuna che c?era lui, altrimenti saremmo ripiombati negli anni della guerra fredda.
Ma, come ha gi? fatto notare qualcuno, come mai tali straordinari poteri e capacit? non riescono mai ad essere percepite dall?elettorato? Sar? proprio perch? questo Paese ? rosso per tradizione?
Fermiamo per un momento la riflessione e proviamo un po? a dare motivazioni che non siano giudicabili di parte o che come molte volte ? stato detto hanno il solo obiettivo di annientare uno degli uomini pi? ricchi del mondo, magari, solo per invidia. Innanzitutto ricorderei che proprio per quella speranza perversa in base alla quale la sua ricchezza sarebbe diventata quella di tutti, molti degli italiani hanno votato questo Fenomeno, sulla base del principio che tanto rubano tutti.
Inviterei a riflettere su quanto questo Signore ha fatto dopo pi? di quattro anni di scellerato Governo e a prepararsi alla prossima tornata elettorale in modo meno lassista e sprovveduto.
Inviterei a prestare costante attenzione al linguaggio utilizzato dal premier che la guerra in Iraq l?ha fatta per democraticizzare il Paese. Cos?, mentre conia, gli facciamo presente che il verbo giusto ? democratizzare. Ma il pericolo ? proprio questo! Quel linguaggio impreciso, scorretto, esplicitato mentre magari mangia un gelato tra la folla di Catania, ? l?espressione di un pensiero altrettanto ambiguo, per cui tutte le volte che viene redarguito ? sempre l?opinione pubblica che ha frainteso, mal interpretato, ovviamente con l?oscuro ordire dei giornali e altri mezzi di diffusione che gli sono contro.
Per concludere, ricorderei gli scritti di un uomo che conosceva bene i deliri del linguaggio del Grande Fratello, che aveva ben presente che resistere di fronte alla decadenza ? un dovere per garantire a chi sarebbe venuto dopo di lui, un destino tutt?altro che infame.
George Orwell nel 1948 pubblicava 1984. Lo scrittore invertendo le ultime due cifre prov? a raccontarci una realt? futuristica sul vissuto del suo post guerra. Riporto alcuni passaggi che sono un monito affinch? ci? che verr? possa essere degno, sempre, di essere vissuto.
Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verit? sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne pi? artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullavano a vicenda; sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendo in entrambe, fare uso della logica contro la logica; rinnegare la morale proprio nell?atto di rivendicarla; credere che la democrazia sia impossibile e nello stesso tempo vedere nel Partito l?unico suo garante; dimenticare tutto ci? che era necessario dimenticare ma, all?occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo. Soprattutto, saper applicare il medesimo procedimento al procedimento stesso. Era questa, la sottigliezza estrema: essere pienamente consapevoli nell?indurre l?inconsapevolezza e diventare poi inconsapevoli della pratica ipnotica che avevate appena posto in atto.

Sar? diverso anche tutto ci? che si accompagna all?attivit? del pensiero. In effetti non esister? pi?, almeno non come lo intendiamo ora. Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza sono la stessa cosa.


Ed infine, per tutte le demagogiche motivazioni che sempre i Piccoli Grandi del mondo accampano per giustificare i loro massacri:
LA GUERRA E? PACE
LA LIBERTA? E? SCHIAVITU?
L?IGNORANZA E? FORZA

Non si tratta di stabilire se la guerra sia legittima o se, invece, non lo sia. La vittoria non ? possibile . La guerra non ? fatta per essere vinta, ? fatta per non finire mai. Una societ? gerarchica ? possibile, solo se si basa su povert? e ignoranza. Questa nuova giustificazione della guerra attiene al passato, ma il passato, pu? essere uno ed uno soltanto. Di norma lo sforzo bellico persegue sempre lo scopo di tener la societ? al limite della sopravvivenza. La guerra viene combattuta dalla classe dominante contro le classi subalterne e non ha per oggetto la vittoria, ma la conservazione dell`ordinamento sociale.

Massimiliano Forgione
 




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