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Il mio primo colloquio di lavoro

Ore 9 e 21.
Quando il treno infil? la galleria di arrivo delle Ferrovie BariNord, mancavano soltanto dieci minuti. Guardai fuori dal finestrino quasi a voler anticipare il treno e sentivo un velo di lieve ansia attraversarmi in petto. Man mano che la locomotiva si arrestava questa sensazione cresceva inspiegabilmente sempre pi?.
Che cosa mi aspettavo dal mio primo colloquio di lavoro?
A dir il vero non si trattava proprio di questo. Di lavoro, intendo. Il Corriere del Mezzogiorno della scorsa settimana parlava di una borsa studio per un seminario di cinque giornate nella citt? di Bari con l?intento di formare i professionisti nel campo dell?organizzazione dei congressi. Continuava dicendo che per coloro che si fossero distinti v?erano ottime chance di essere presto assunti da qualche azienda in loco.
Uhm?organizzare congressi, chiss? quali personaggi popolano questo universo- congetturavo. Beh, se risultassi idoneo a frequentare il corso e qualcuno, in seguito, mi notasse, per lo meno con una promessa di lavoro potrei evitare l?obbligo del servizio militare!
La brusca frenata della locomotiva mi riport? alla realt?. E questa si era allineata sulle 9 e 24. Con fare repentino raccolgo giacca borsa ed entusiasmo ed inizio a correre verso Viale Unit? D?Italia. L?appuntamento era alle ore 9 e 30 al numero 63 di fronte al Bar Catullo, vedi targhetta in oro ?Team Management Consulting?.
Ok. Attraverso l?intero dedalo ombroso delle Ferrovie, esco tra i rombi roventi dell?estramurale Capruzzi: il semaforo ? rosso.
9 e 27. Il sole ? gi? alto e dall?asfalto si eleva un?opprimente coltre invisibile a temperatura artificiale. Il fluido disordinato del traffico mi sbarra la strada.
Alle 9 e 28 arriva il verde: mi sento un corridore gi? sudato che sta competendo con i suoi pedoni.
Per fortuna sono gi? in Viale Unit? D?Italia. Scorro veloce con lo sguardo i numeri civici di un edificio lungo, continuo e grigio sulla sinistra, muovendomi agevolmente sulle gambe snelle. Cinquantasette. Cinquantanove. Sessantuno. Sessantatresbarrauno. Sessantatresbarratre.
Perdiana ma quanti sessantatre ci sono! Cerco il Bar Catullo. Eccolo. Ma quale dei sessantatre poteva essere il mio?
Ricordai della targhetta in oro. Cercai di controllare l?affanno e la trovai. Team Management Consulting, terzo piano.
Vidi la mia immagine nel portone a specchi incastrati dalle strisce di metallo. Avevo indossato il vestito di laurea: un completo da viaggiatore in cotone color ruggine. L?unico che avessi che riuscisse a donarmi una parvenza di contegno, quel certo tono che del resto pensavo si addicesse ad un incontro di lavoro.
Entro nel ventre del palazzo. Imbocco di corsa le rampe di scale.
Arrivo alla porta. Dlin Dlon e si apre dopo qualche secondo.
Un signore robusto, alto e rotondo, un non so che di orsesco, senza giacca e con la fronte sudata mi getta:
- ? il Signor Ard?reb?
-Si. Rispondo ansante.
-Si accomodi e attenda cinque minuti. E scomparve dietro il muro laterale dell?ingresso.
Varcai l?ingresso scarno e disadorno e mi sedetti sulla poltroncina di fronte. Un?unica luce a neon ammantava con freddezza le pareti bianche, le poltroncine in finta pelle color verdone e il pavimento di ceramica. Uno stanco ventilatore si sforzava di svolgere il suo lavoro nel corridoio attiguo.
Cominciai a sudare. Le mani erano state le prime a tradirmi. Poi i piedi ingabbiati dal sandalo. Sapevo dalle innumerevoli storie raccontate dai docenti universitari che era opportuno affrontare i colloqui presentandosi ben preparati ed informati sull?azienda potenziale datrice di lavoro. Era inoltre necessario studiare per bene le parole che si sarebbero dette, l?intonazione e il numero di esse. Il linguaggio corporeo faceva poi la sua parte.
Non essendo riuscito a scovare nulla dell?azienda in questione, mi decisi a scrutare i poster affissi ai muri. Scopro che la Team Management Consulting ? un consorzio che svolge attivit? di consulenza ad aziende chimiche operanti con prodotti di origine vegetale ed animale. E si vedeva la figura di un grande acquario sospeso nel poster tra le voci promozionali del consorzio. In quell?acquario ci sono io che vago a conoscere gli abitanti marini, perch? subito si ? trasformato in mare.
Mentre immaginavo il mio destino nei poster colorati, un?ombra blu si affrett? alle mie spalle. Mi volto con fare controllato. L?ombra risoluta mi piomba i suoi occhi dentro i miei e mi porge la mano:
-Signor ??.
-Cosa ? Pensai tra me e me.
-Ard?reb, balbettai con fretta, rispondendo alla stretta e notando l?occhiata indagatoria che il nuovo arrivato mi aveva lanciato. Il Signor?. mi aveva scrutato dai riccioli ai sandali, con un fare di alterigia e subito era sparito al di la di una porta nel corridoio.
Mi adagiai sulla poltroncina e mi fermai un attimo a ritmare coi denti le giravolte delle pale del ventilatore.
Adesso cercavo una collocazione della mia esistenza in quell?ingresso al terzo piano in piena estate.
Avvertivo un sospetto, un senso di fastidio arrivare alla testa. Senza saperne il perch? iniziai a dubitare della felicit? della mia idea di essere l?. Mi stavo mettendo alla prova? Avevo deciso di seguire i consigli di mio padre? Insomma, cosa mi aveva spinto ad un colloquio per un lavoro d?azienda, di cui gi? presentivo quasi pregustandoli i sapori amari delle assurde competizioni, le insensate corse al potere e di tutta la gamma di comportamenti meccanici dettati dal mercato? Pensavo alla mia passione per la scrittura al mio romanzo. Che sarebbe stato il romanzo dell?anno. Andavo alle storie dei suoi personaggi. Pensavo a me che nuotavo nell?acquario e che non c?era pi? nessuno dei suoi splendidi abitanti.
Il colloquio con la precedente candidata ( ne sentivo la voce) doveva tenersi poco pi? in l?. Non ne distinguevo chiaramente le parole e tuttavia non cos? poco da non capire che lei parlava di continuo, mentre il Signor?. si limitava a far da diga al discorso della candidata.
Ora hanno finito. Lei si rifugia in segreteria, lui viene verso di me e riporge la mano: -Miaccola, mi scocca in faccia.
Lo seguo nella stanza angusta con le tapparelle abbassate e mi accomodo al tavolo d?ufficio, mentre egli chiudeva la porta.
Adesso siamo l?uno di fronte all?altro. Due sconosciuti, due mondi differenti che stanno per avere un contatto sul piano dei discorsi di lavoro. Lo sentivo nell?aria, ne fiutavo la probabile incomprensione naturale e del resto le parole di poi mi diedero ragione.
-Allora ?Signor Ard?reb. Dal suo curriculum vitae emerge un profilo interessante sul piano della formazione. Tuttavia non si pu? negare che lei non ha alcuna solida esperienza di lavoro. Beh.?.come dire, lei ? ancora uno studente. Si. Vedo che ha raggiun?
Soltanto adesso potevo guardare con chiarezza il viso. Aveva uno di quei volti che appartengono alla classe medio alta dei dirigenti amministrativi di epoche francesi ormai lontane, che si trovano in alcune tele di pittori anonimi. Costui era scarno. Senza sapore. Una pelle chiara e livida, su cui si intravedeva la sfumatura nera della barba fresca di mattina si univa precisa all?attaccatura dei radi e lisci capelli nero corvino. Una serie infinita di minime rughe e curve attraversava il volto del Signore davanti a me in una costante posizione di corrugamento sforzato, un po? intellettualoide. Gli occhi di un grigio-blu insincero ti puntavano decisi, spavaldi, quasi ignari della loro stessa posa.
-Le aziende, oggi, non possono pi? permettersi di introdurre personale non preparato sul piano delle conoscenze tecniche e delle esperienze sul campo, e questo ? ancor pi? vero nel campo dei congressi. Questo ? un segmento di mercato senza pari ! Un filone che sta prendendo piede in maniera sbalorditiva. Mi creda signor Ard?reb questa ? un?opportun??
Parlava al trotto con un tono coinciso, un timbro leggermente rauco ed impastato. A volte nei periodi lunghi e dalla semplice costruzione dava spazio a brevi pause quasi studiate come rozzi trucchi retorici e si mostrava pienamente convinto dei suoi pensieri.
-Certo. Si ? vero. Ehm?oggi il mercato ? crudele?.Balbettavo inebetito, spiegavo il mio punto di vista innaturale ad intervalli brevi. Mi sentivo la camicia appiccicata di sudore alla schiena. Forse gesticolavo e nel frattempo mi chiedevo che cosa ci facevo in quell?ufficio.
Ad un certo punto, di scatto, senza preavviso Miaccola mi percuote di quesiti paradossali, crudeli ed impossibili, frecce scagliate dall?alto, chiss? da quale punto.
-Ard?reb ? pronto a trattare con le aziende?
-Si.
-Ard?reb pensa di poter realizzarsi in questo campo?
-Si.
-Si ritiene un tipo equilibrato?
-Si.
-Quali i suoi obiettivi a cinque anni? non ho neanche il tempo per rispondere che??..
-Rinuncerebbe alle passioni, alla famiglia per il lavoro? E? pronto a spostarsi? Che cosa fa quando il mare ? in tempesta? Le piace il mare in tempesta?
In quel momento mi ricordai per un attimo della acquario-mare, e lo sent? palpitare dentro di me.

-Io, adoro il mare e mi eccita quando ? in tempesta???

Avevo risposto calmo, quasi inanimato.
L?avevo penetrato con lo sguardo, con occhi non miei come posseduti da una spirito altro.
E Miaccola si era fermato.
Ero sicuramente in uno stato di pseudo-trans. Tipico di quelle situazioni di forte soggezione psicologica di cui soffrono gli adolescenti ed evidentemente non solo essi.
Mi ero perso nei suoi occhi di serpente magro e, un po? pi? gi?, nelle borse violacee sotto di essi. In quelle borse pareva di poter scorgere la linea della infelicit? di quel lavoro; il disegno della spossatezza che segue ad un continua e prolungata condotta umana votata alla falsa realizzazione, quella fatta di premi materiali, st
 




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